Mosca - Servizi turistici
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Mosca - Servizi turistici

Consigli

12 promemoria e 12 consigli 


Già presente da tempo nel nostro portale SPB24 - San Pietroburgo Assolutamente, questo articolo è stato uno dei più letti in assoluto e rappresenta contemporaneamente uno snello sunto delle cose da non dimenticare mentre state facendo la valigia e di cosa tenere a mente durante la vostra permanenza in Russia. 



12 Promemoria: prima del viaggio

RICORDATEVI…

Il tempo pietroburghese
A volte brezza, a volte bora, il vento del Nord 
è un fattore con cui dovrete fare i conti
1. ...il passaporto (unico documento d’identità valido in Russia);

2. ...il visto per la Russia solitamente sul passaporto;

3. ...il biglietto aereo (se venite in aereo);

4. ...che una volta atterrati, appena prima di attraversare la dogana, dovrete compilare la carta di migrazione (che verrà restituita all’uscita dalla Russia);

5. ...di tenere valori, computer, cellulari e caricatori nella valigia a bordo (lasciando cose di minore importanza caricate nella valigia in stiva);

6. ...di trascrivere l'indirizzo preciso dell’appartamento o dell’hotel al quale vi state recando;

7. ...di dare un’occhiata alla temperatura connettendovi a La Casa di Bury portando i vestiti che conseguentemente si confanno (scarpe resistenti all’acqua ed un ombrellino in primis);

8. ...che in Russia ci sono solo le prese a 2 per computer e cellulari, le prese a 3 in molti appartamenti e hotel non sono previste;

9. ...di cambiare euro in rubli all’aeroporto appena arrivati (e non in Italia dove il cambio è pessimo) in uno dei seguenti punti cambio;

10. ...di spostare le lancette avanti di due o tre ore (a seconda del periodo dell'anno) appena arrivati;

11. ...di portare qualche aspirina, anche se particolari medicinali non sono indispensabili;

12. ...che con un moderno cellulare con connessione WiFi potrete connettervi ad internet in tantissimi bar o ristoranti e che il modo migliore per chiamare casa (anche numeri fissi o cellulari) sarà fare una ricarica su Skype ed avere un computer portatile con sé; in alternativa, potrete andare in uno qualunque degli internet caffè.



12 Consigli: da ricordare a Mosca e a San Pietroburgo 

E' SEMPRE MEGLIO…

Una simpatica carta di Mosca
Mosca è immensa e il rischio di perdersi è sempre dietro l'angolo: 
portatevi sempre appresso una mappa,
potrete sempre chiedere a qualcuno dove vi trovate
1. tenere una mappa del centro a portata di mano (con segnato il luogo dove soggiornate) e la mappa della metropolitana;

2.
non bere acqua dal rubinetto perché non è potabile (eccetto nel nostro appartamento Marata 19 appositamente dotato di filtro);

3. non cambiare i soldi da bagarini per strada ma nei punti cambio;


4.
lasciare un 10% di mancia nei ristoranti;

5. non tenere il portafogli nella tasca dietro dei pantaloni oppure in luoghi visibili;


6.
avere dei rubli in contanti con sé perché spesso e volentieri le macchinette che dovrebbero leggere le carte di credito negli esercizi pubblici non funzionano;

7. tenere a mente alcuni punti fermi nella città perché molte vie si assomigliano e ci si perde facilmente;


8.
controllare il Moscow Times, bisettimanale gratuito in lingua inglese, per qualsiasi informazione su musei, teatri, ristoranti, discoteche e altri servizi;

9. ricordarsi che Mosca, come e forse più di San Pietroburgo, è h 24: in città ci sono tantissimi locali o negozi aperti 24 ore su 24;


10.
se avete qualche problema particolare, provare a chiedere informazioni fermando qualcuno per strada (potrebbero non rispondervi, dovesse succedere in ogni caso non avrete perso nulla);

11. contrattare con i tassisti: se dicono una cifra, abbassate del 40%, se non riuscite a comunicare, mostrate l’indirizzo dove volete andare e i soldi che giudicate opportuni;


12.
tentare di rivolgersi perlomeno in inglese, anche se stentato, quando siete in un esercizio pubblico: e ricordarsi che siamo tutti ospiti in un paese straniero.


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Metro

La metropolitana di Mosca

Happening in una stazione metropolitana di Mosca
Happening in una stazione metropolitana di Mosca
La metro di Mosca rappresenta un'autentica opera d'arte ed è la seconda struttura metropolitana più veloce al mondo. Inaugurata nel 1935, deve la sua fama agli ornamenti presenti nelle stazioni, sovente esempio della corrente artistica chiamata "socialismo realista".

In totale, la metropolitana di Mosca ha una lunghezza di 292,2 chilometri ed abbraccia 12 linee per un totale di 177 stazioni. In un qualsiasi giorno lavorativo essa trasporta oltre 7 milioni di passeggeri (considerando che Mosca conta 12 milioni di persone ufficialmente registrate, ma non è dato sapere a quanto ammontino i residenti e i turisti messi assieme: si pensa attorno ai 16-18 milioni di persone).

Ogni linea è identificata con un numero, un nome ed un colore. Se non siete avvezzi alla vita di una metropoli, vi potrete trovare un po' scoraggiati all'inizio: il flusso di persone che, incuranti di chi gli passa attorno, imperterrito avanza verso la propria direzione è un tratto caratteristico di tutte le grandi metropoli, come per esempio Londra e Tokio.

Tutte le linee partono da un punto esterno della città e convergono verso il centro, eccetto la Koltsevaya (numero 5), la linea circolare o anellare, quella che crea una sorta di cerchio nella mappa e che distingue il centro da ciò che non lo è. In ogni metro, una voce annuncia la fermata a cui ci si approssima nonché la fermata successiva: ovviamente il tutto avviene in russo e se non conoscete questa lingua vi consigliamo di chiedere per sicurezza puntando un dito sulla mappa.

La metropolitana di Mosca

Si dice che i moscoviti siano piuttosto freddi e indifferenti: può essere, ma se non vi lasciate abbattere al primo "niet", troverete sicuramente una persona disposta ad aiutarvi. Ed è meglio avere idea di dove si sta andando, altrimenti si rischia di finire a venti o trenta chilometri di distanza dalla vostra destinazione.

Per ulteriori informazioni vi invitiamo a visitare il sito della metropolitana russa: http://www.metro.ru/. Anche se nel 2005 la metro ha festeggiato i settant'anni dalla nascita, ciò non è bastato per realizzare un sito in lingua inglese. D'altronde, Mosca e la Russia sono belli anche per questo.



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Lingua

La lingua russa: consigli

L'alfabeto russo
L'alfabeto russo in una riproduzione
per i bambini delle scuole elementari
Cartelli stradali assurdi, insegne incompresibili, un suono strascicato e secco alla stesso tempo: l'impatto con la lingua russa è per molti così, d'una durezza un po' particolare di cui ci si può innamorare. Ed è anche il bello di questo paese ancora diverso dall'Europa. La diffusione della lingua inglese nella città è lenta ma costante e negli ultimi anni sono apparse scritte in metropolitana in doppia lingua, menù in inglese in tantissimi ristoranti, personale English-speaking nel punto informazioni di piazza Vosstanja. 

Sfatiamo subito un mito: l'alfabeto russo non è per niente difficile, è anzi la cosa più semplice da assimilare in questa lingua. Una trentina circa di simboli possono essere imparati in una settimana studiando mezz'ora al giorno: infatti, consigliamo di intraprendere questa piccola avventura ai turisti che vengono in vacanza a San Pietroburgo perché potranno poi muoversi più liberamente nella città in quanto tante parole sono simili all'italiano. Inoltre, la maggior parte delle lettere russe ha una pronuncia assai simile all'italiano e resterà sempre parte del bagaglio personale una volta ritornati a casa. 

Infine, consigliamo un assiduo studio della lingua russa a tutti i giovani che cercano lavoro in questo paese: sappiate che il 98% degli italiani torna indietro proprio a causa della lingua. Non solo non potersi muovere agevolmente ma neppure essere in grado di fare una telefonata è una situazione tale che azzera qualunque capacità abbiate all'interno di ogni contesto lavorativo. Il russo è una lingua che richiede all'incirca due anni per essere imparata vivendo sul posto tuttavia anche sei mesi sono sufficienti per potersi quantomeno muovere agevolmente per la città. 



La lingua russa: storia in breve

Il primo impatto con la lingua avviene attraverso l’introduzione dell'alfabeto cirillico da parte dei santi fratelli Cirillo (827-869) e Metodio (815-885) di Costantinopoli, detti gli apostoli degli Slavi. Avrebbero forse potuto inventare un alfabeto più semplice ma il loro intento fu quello di tradurre la bibbia agli slavi nel più breve tempo possibile per divulgare così le Sacre Scritture. Nel corso dei secoli l'alfabeto russo ha subito non pochi ritocchi. Guardando quello attuale è solo possibile immaginare le numerosi semplificazioni rispetto a quello originale concepito da Cirillo. Per la cronaca papa Nicola I chiamò i due fratelli a Roma tentando di impedire la loro traduzione della Sacra Scrittura accusandoli di eresia. Morto Nicola il successore Adriano II non solo li incoraggiò ma permise anche l'uso del cirillico nella liturgia slava.

Nel 1710, promulgando l’alfabeto civile, Pietro il Grande eliminò le sopravvivenze grafiche delle vocali nasali e semplificò la forma di alcune lettere. Infine la riforma ortografica del 1918 convertì il simbolo di alcune lettere e ridusse al lumicino l’utilizzo del segno duro ”ъ”.

Una lingua impossibile?

Si può rimanere confusi di fronte a tanti strani segni (solo cinque di questi sono uguali a lettere italiane nella scrittura e pronuncia) ma ci si accorge presto che non è affatto difficile riconoscerli ed anzi è divertente.

A cosa aggrapparci quindi?

Nella lingua russa c'è corrispondenza tra scritto e pronuncia come nell'italiano (a differenza dell’inglese o del francese, per esempio). La “r” russa (che viene però scritta come la nostra “p”) si pronuncia tranquillamente all'italiana, anche la coniugazione dei verbi ricorda quella della nostra lingua. Una delle principali difficoltà del russo consiste nel fatto che non ci sono articoli ma esistono i casi come nella lingua latina. Vi sono solo tre tempi verbali (passato, presente, futuro) ma due modi (perfettivo e imperfettivo) non presenti nella lingua italiana. La presenza dei casi e dei modi perfettivo e imperfettivo complica terribilmente l'apprendimento della lingua in quanto è necessario abbandonare la struttura mentale a cui siamo abituati... Uno dei vantaggi per il turista è che diverse parole si assomigliano: da kassa a restoran, da metro a prospetk, parola che denova le tante prospettive presenti nella città.  

L’alfabeto russo (con relativa pronuncia/corrispondenza in italiano)

 А  A  Р  R
 Б  B  С  S
 В  V  Т  T
 Г  G dura come in “ghiro”  У  U
 Д  D  Ф   F
 Е  JE  Х  H aspirata simile alle c toscane
 Е  JO  Ц 
 Z
 Ж  ZH come la "j" francese  Ч  C come in “dolce”
 З  Z dolce come la "s" di rosa  Ш  SC
 И  I  Щ  SHCH con una sh strascicata
 Й  I semivocalica  Ь  segno dolce, non si pronuncia
 К  K   Ы  I dura simile al suono francese "u"
 Л  L più dura, palatale della L italiana  Ъ  segno duro, non si pronuncia
 М  M  Э 
 E
 Н  N  Ю   JU
 О  O  Я  J
 П  P    

Espressioni e parole utili

Di seguito trovate la parola in russo con la relativa pronuncia in caratteri latini e la traduzione delle frasi più utili di cui avrete bisogno durante il vostro soggiorno in Russia:

До́брое у́тро (Dòbraye ùtra) - Buongiorno (lett. buon mattino)

До́брый день (Dòbriy den) - Buongiorno

До́брый ве́чер (Dòbriy vécher) - Buonasera

Здра́вствуйте (Zdràstvuyte) - E’ un saluto valido a qualunque ora, ma è consigliabile non ripeterlo due volte nello stesso giorno alla stessa persona.

Споко́йной но́чи (Spakòynay nòchi) - Buonanotte

Приве́т (Privyét) - Ciao

До свида́ния (Da svidànya) - Arrivederci

Пожа́луйста (Pazhàlusta) - Prego

Спаси́бо (Spasìba) - Grazie

Прошу́ проще́ния (Prashù prashéniya) - Mi scusi

Извини́ (Izvinì) - Scusa

Извини́те (Izvinìtye) - Scusate

Да (Da) - Sì

Нет (Nyet) - No

Не (Nye) - Non, no

Как дела́? (Kak dyelà?) - Come va?

Хорошо́ (Kharashò) - Bene

Как вас зову́т? (Kak vac zavùt?) - Come vi chiamate?

Когда́ вы родили́сь? (Kagdà vy radilìs?) - Quando siete nati?

Где вы родили́сь? (Gdye vy radilìs?) - Dove siete nati?

Где вы живёте? (Gdye vy shivyòtye?) - Dove vivete?

Кто вы? (Kto vy?) - Chi siete?

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Cucina

La cucina russa: storia e ricette

Lo sapevate che...
i bliny russi non sono altro che l'originale delle crepes francesi
"importate" in Francia da Napoleone dopo la campagna di Russia?

Excursus sulla cucina russa
Excursus sulla cucina russa
Quali piatti provare durante il tanto sospirato viaggio in Russia? E' presto detto: sicuramente il salmone, generalmente di alta qualità nei ristoranti a San Pietroburgo. Poi i pelmeny, una sorta di variante nazionale dei nostri tortellini, a base di carne o pesce. Le zuppe, tra cui l'ukha e il borsh, che ben si sposano con le fredde giornate invernali e poi le svariate insalate, tra cui l'olivié che è l'insalata a base di olive che in italiano chiamiamo "insalata russa". Lamponi, fragole, bacche e frutti di bosco, funghi e miele sono prodotti locali di buon livello. Il mors e il kompot sono due succhi a base di bacche bevuti solitamente a tavola e poi c'è la vodka, che non è una grappa o un digestivo pertanto non va bevuta alla fine ma durante il pasto, scandisce il ritmo della cena sulla base dei ripetuti brindisi... 

A San Pietroburgo il livello della ristorazione è sensibilmente aumentato nel corso degli anni ed oggi la maggior parte dei turisti resta soddisfatta: da notare che la cucina russa è poco salata pertanto i piatti (dai piatti di cucina russa alla pizza e pasta nostrane) in genere vengono servite per soddisfare il loro palato. Questa è la top 5 dei piatti russi più famosi con tanto di ricettario ed excursus storico per capire come sono realizzate: 

1. i bliny (simili alle crêpes francesi);

2. il borsh (una zuppa);

3. l’insalata russa;

4. i pelmeni (una sorta di ravioli russi);

5. l'ukha (la zuppa di perca).



1. I bliny a cura di Gianguido Breddo

I bliny russi
Una delle più classiche varianti di bliny,
accompagnati dal caviale rosso
Ricetta
- 20 gr. di lievito di birra;
- ½ lt. di latte;
- 300 gr. di farina “00” (oppure 150 gr. di farina “00” e 150 gr. di farina di grano saraceno);
- 4 uova;
- 1 dl di panna.

Preparazione
Sciogliere il lievito in ½ lt. di latte tiepido e unirvi, mescolando bene, 50 gr. di farina. Lasciar fermentare la pasta che si ottiene per circa 2 ore, posizionando il recipiente in luogo tiepido.
Aggiungere poi la rimanente farina, i tuorli delle uova, una presa di sale e lo zucchero.
Mescolare bene il tutto facendo attenzione che non si formino grumi.
A parte sbattere gli albumi a neve ferma e unire all’impasto già preparato. Montare la panna, unirla e mescolare bene. Lasciare lievitare ancora una mezz’ora.
Ungere con del burro una padellina (oppure delle formine per tartelette), versare con un mestolo un pò d’impasto e mettere sul fuoco, facendo dorare e rivoltando una sola volta in modo che risulti cotto uniformemente.

Bliny... la pizza russa!
Se mi è consentito il paragone azzardato, direi che i bliny stanno alla Russia come la pizza sta all’Italia! E come per la pizza, i bliny hanno varcato le frontiere e sono diventati ambasciatori del buon gusto russo nelle tavole di tutto il mondo, tant’è che sono sicuramente il piatto più conosciuto.
Questa universale diffusione ha fatto sì che fossero presi come base per infinite varianti locali, non tutte coronate da risultati positivi e perdendone, in gran parte, la filosofia originale.
Ma torniamo ai nostri “originali” bliny, che hanno segnato la storia della Russia fin dai tempi pagani rappresentando il più conosciuto dei cibi "rituali" che venivano preparati e consumati in occasione di determinate feste durante l'anno.
Masleniza, la festa dei bliny
Quadro rappresentante Masleniza,
la festa dei bliny e dell'arrivo del sole
Dorati e rotondi come il sole, i bliny (crêpes di farina di frumento o di grano saraceno o di farina mista) erano preparati nel carnevale del calendario religioso, ma soprattutto nei festeggiamenti tradizionali di Masleniza, festa religioso-pagana dell'incontro con la primavera e con il suo primo sole, che si festeggia durante l’ultima settimana prima della Quaresima.
Rappresentavano appunto l'immagine magica del sole, per costringerlo a tornare dopo il lungo inverno, ed erano anche la versione ricca di quello che era stato per tutte le popolazioni del mondo il più antico cibo di farina "cotto"; una pastella cioè di acqua e farina cotta su pietre ardenti, e che servivano anche da contenitore e piatto.
Nella tradizione del carnevale e soprattutto nella settimana grassa invece i pranzi erano ricchissimi, con oltre 15-20 portate, cui potevano partecipare anche persone non invitate, nelle quali si mangiavano, obbligatoriamente, e si offrivano i bliny.
Le famiglie iniziavano la loro preparazione e cottura già nei giorni precedenti la festa, affinchè i bliny non mancassero in nessuna tavola, ed ogni massaia poneva il primo bliny sulla finestra o comunque lo dedicava alle persone care e scomparse.
Questa tradizione non solo non si è persa, ma possiamo affermare che i bliny, e le loro varianti (di cui la più conosciuta è rappresentata dai blinciki) sono parte integrante della cucina corrente russa.
La differenza sostanziale fra bliny e blinciki è la pasta che nei primi è lievita mentre nei secondi no. Quindi i bliny risulteranno di diametro più piccolo, con spessore pari a circa 1 cm., mentre i blinciki, avranno diametro maggiore e spessore molto fine.
Ambedue possono essere farciti sia con dolce che con salato, anche se, a mio parere, i bliny si sublimano con caviale o salmone, perdendo il carattere di cibo povero ed acquisendo il rango di raffinata specialità.



2. Il borsh 
a cura di Gianguido Breddo

Il borsh russo
Il borsh non può mancare a San Pietroburgo: 
rigenerante durante gli inverni freddi
ottimo d'estate a temperatura ambiente
Ricetta
- ½ kg. di carne di maiale;
- ½ kg. di carne di manzo;
- ¼ di verza;
- 4 patate;
- 1 barbabietola grossa;
- 100 gr. lardo di maiale;
- 25 gr. burro;
- 2 pomodori ben maturi;
- 1 carota;
- 1 radice di prezzemolo;
- 2 cipolle;
- 2 cucchiai di aceto;
- 2 cucchiaini di zucchero;
- 3 foglie di alloro;
- 4-5 spicchi d’aglio;
- 3 grani di pepe aromatico;
- 6 grani di pepe nero piccante;
- 1 mazzetto di prezzemolo;
- 1 cucciaio di spezie assortite (vedi testo);
- 1 bicchiere di smetana;
- sale q.b.

Preparazione
1. Preparare il brodo come sopra descritto, filtrare e rimettere sul fuoco, regolando di sale;
2. Soffriggere la barbabietola a tocchetti (precedentemente bagnati con l’aceto), in una parte del lardo (o nel grasso schiumato dalla superficie del brodo), aggiungendo la punta di un cucchiaino di zucchero.
3. Appassire nel rimanente lardo e nel burro le cipolle, la carote, la radice di prezzemolo (tutto tagliato finemente) aggiungendo infine i pomodori spezzettati.
4. Tagliare le patate a dadi e cuocere nel brodo a bollore per 10 minuti;
5. Aggiungere la verza tagliata, lasciando cuocere per altri 5 minuti;
6. Aggiungere gli ingredienti elencati nelle voci 2 e 3, cuocere altri 10 minuti;
7. Aggiungere l’alloro e le spezie, lasciando cuocere un paio di minuti;
8. Condire con il pesto di aglio, lardo e prezzemolo;
9. Lasciare “maturare” per 20 minuti su piastra calda;
10. Condire ogni piatto con un cucchiaio di smetana.
Direte: è tutto? No, attributo sine-qua-non di un vero borsch sono gli speciali panini con cipolla. Solo accompagnandolo con questi, e non con il pane di segale, si apprezza il vero gusto del borsch!

Borsch... un rosso doc!
Ecco l’esempio di un piatto che è stato “importato” nella cucina russa per diventarne uno dei simboli più famosi internazionalmente, ma che nasce in Ucraina, una delle sconfinate regioni che facevano parte dell'enorme impero degli Zar.
Che il borsch sia una zuppa il cui componento principale è la barbabietola, da cui dipende principalmente il gusto ed il caratteristico colore rosso, lo sanno tutti ed in tutto il mondo, ma forse non tutti sanno che è uno dei pochi piatti che meno è sceso a compromessi con il passare del tempo, conservando le sue caratteristiche originali soprattutto sul modo di cottura, scandito dai tempi del focolare cioè quell'enorme stufa russa chiamata Piecka, che non solo scaldava la casa durante il lungo inverno russo, ma serviva per cuocere il pane, per essiccare gli alimenti da conservare, per asciugare il bucato, per preparare da mangiare e da bere.
Il borsh russo
La zuppa borsh,
il rosso doc russo
Piatto di antiche origini quindi il borsch, che pur non snaturando la propria filosofia di base, conta una dozzina di varianti, dovute principalmente alle dominazioni susseguitesi sui territori dell’Ukraina da parte di russi, polacchi, moldovi, rumeni e ceki, ma anche alle influenze sulla cucina ukrainiana di costumi e gusti turchi, nogai, crimei, ungheresi e greci.
Ecco perché nelle varie versioni si usa non solo carne di maiale, ma anche di manzo, di montone, di pollo, di anatra, di oca oppure brodo di ossa senza nessun carne aggiunta.
Ma torniamo agli aspetti più propriamente culinari di questo piatto, che é di composizione complicata, con più di 20 ingredienti e la cui preparazione non è certamente facile, perché fa parte delle cosiddette “zuppe di conditura”, cui certi parti vanno previamente soffritte in padella e solo dopo vanno immesse nel brodo preparato.
Il borsch si prepara sulla base di un brodo di carne (o di ossa o di un misto carne+ossa), ma sempre tenendo presente che un brodo preparato bene fa un borsch buono. In alcune ricette tradizionali il brodo è arricchito con pancetta.
Nel caso di brodo di ossa, queste vanno rotte per lungo, e la cottura deve durare non meno di 4/6 ore, mentre usando la carne bastano circa 2,5 ore. Quando l’acqua comincia a bollire, la cottura deve procedere a fuoco lento. Per la preparazione del brodo carne+ossa, prima vanno bollite le ossa per 2/4 ore, e successivamente si mette carne fino a cottura ultimata (ancora circa 2,5 ore), o comunque fino a che l’acqua immessa avrà ridotto della metà il proprio volume, poiché il piatto finito non deve contenere più di un bicchiere e mezzo del brodo scolato, per ogni razione del piatto.
A questo punto la carne (e le eventuali ossa) va tolta dal brodo che viene filtrato a staccio fine, e messa da parte in attesa di essere successivamente rimessa in pentola 10/15 min. prima dell’ultimazione della preparazione. E’ tradizione servirla a sé, mentre alcuni piccoli piccoli tocchetti saranno lasciati nella zuppa.
Ecco che la nostra base per poter cominciare a cuocerci dentro le verdure è pronta, ma attenzione, perché una delle particolarità nella preparazione del borsch è la lavorazione divisa delle verdure. Per esempio, la barbabietola va trattata a parte e prima di andare al fuoco va spruzzata con aceto (oppure succo di limone), perché conservi il colore rosso, e messa a soffriggere nel lardo (o nel burro) fino a cottura ultimata. In alcune varianti la barbabietola viene arrostita o fritta intera con la buccia fino a mezza cottura, dopo di che si sbuccia, si fa a tocchetti e la si mette nel brodo.
La cipolla va tagliata fine, assieme alla carota ed alla radice di prezzemolo, e appassita per 15 minuti, in padella con lardo e burro. Ad appassitura quasi ultimata, vanno aggiunti i pomodori tagliati fini, ed il tutto va’ cotto fino a che il lardo non si colora del rosso dei pomodori.
E molto importante inoltre la sequenza della messa delle verdure nel brodo, che deve corrispondere precisamente alla durata di cottura di ogni verdura. Le patate vanno messe 30 minuti prima della cottura ultimata, la verza 20 minuti prima, la barbabietola soffritta e preparata 15 minuti prima, le verdure appassite (cipolla, carota, radice del prezzemolo più il pomodoro) 15 minuti prima, le spezie 5 minuti prima.
L’aglio assieme al lardo ed al prezzemolo va schiacciato nel mortaio, fino ad ottenere una crema uniforme che serve a dare il condimento al borsch, 2/3 minuti prima della cottura ultimata dello stesso.
Una particolarità importante del borsch è l’uso abbondante di spezie e di erbe aromatiche. Senza cipolla, alloro, aglio, pepe, levistico, angelica, aneto, maggiorana, santoreggia, coriandolo e sedano non esiste un buon borsch dal forte e stimolante aroma.
In alcune versioni del piatto, quando si voglia esaltare il gusto acidulo caratteristico, é tradizione aggiungere del kvas (una specie di birra ottenuta dal pane nero fermentato) o del succo di barbabietola salata-fermentata, o ancora mele verdi, ma questi vanno aggiunti dopo la cottura della carne, al brodo già pronto, affinché non perdano la loro caratteristica durante la lunga bollitura.
A cottura ultimata la pentola con il nostro borsch va posizionata su una piastra calda (perché non si raffreddi troppo), e si lascia maturare per 20 minuti, dopo di che si serve in tavola, con un cucchiaio di smetana (panna acida).



3. L'insalata russa a cura di Gianguido Breddo

L'insalata russa Olivie
Quella che in Italia chiamiamo "insalata russa"
è in realtà una delle tante insalate
chiamata in Russia "olivié"
Ricetta
La ricetta indicata non ha pretese di altari culinari, ma è quella tradizionale russa, (potremmo dire la madre di tutte le insalate), sia per rispetto alla filosofia che ai componenti tradizionali russi:
- 3-4 patate di media grandezza;
- 2 carote;
- 2/3 cipolline verdi;
- 2 uova sode;
- 100 gr. di piselli in scatola;
- 2 cetrioli in salamoia;
- 150 gr. di carne di manzo lessata;
- 200 gr. di maionese.

Preparazione
Far bollire le carote e le patate con la buccia e, quando pronte, sgocciolarle e lasciarle raffreddare. Sbucciarle e tagliarle a dadini di circa 1x1 cm. – tagliare allo stesso modo i cetrioli, la carne e le uova sode (per quanto sarà possibile).
Deporre tutti gli ingredienti in un recipiente, spezzettare le cipolline verdi, aggiungere i piselli (lavati e asciugati dal loro liquido di conserva) e la maionese: mescolare delicatamente il tutto, aggiustando di sale.
Servire freddo su un piatto di portata, formando una cupola di insalata russa, e decorando con foglie di prezzemolo.

La carota non può dormire,
perché l’insalata... Russa!
La carota non può dormire, perché l’insalata... russa! ...così recitava una battutina da bambini, ma questo dell’insalata russa é proprio un argomento sul quale vale la pena di soffermarci!
Chi é un po’ pratico di cucina russa, come i miei cortesi e pazienti lettori che in Russia vivono o soggiornano, sa che le insalate (anche se ben lungi dall’essere intese come da noi) sono le regine incontrastate della tavola, tant'è che si usa dire “se non c’è la catinozza (tasik) di insalata, non c’è festa...” . Quindi tavole imbandite, soprattutto per le feste, con tante varianti di queste insalate da far credere che questa tipologia di antipasto (perché di antipasto si tratta) abbia qui radici e tradizioni antichissime.
Niente di più falso, visto che fino alla vigilia della prima guerra mondiale la parola insalata (salat) in Russia era praticamente sconosciuta alla quasi totalità della popolazione, con l’eccezione di coloro che erano adusi a viaggiare all’estero oppure a maneggiare i ricettari della cucina francese.
L'insalata russa
L'insalata russa è
un piatto relativamente recente
Le insalate come piatto sono invece venute nella cucina internazionale proprio dall’Italia, e volendo essere ancora più precisi, dall’antica Roma, dove il termine insalata indicava un piatto unico, le cui componenti erano indivia, prezzemolo e cipolla, conditi con miele, pepe, sale e aceto.
Nel Medioevo le insalate si preparavano con il verde della cipolla, il verde dell’aglio, menta e prezzemolo, condite con sale, pepe, aceto, a volte con acido citrico, spezie e aromi vari in abbondanza, creando una composizione assai piccante che ben si abbinava soprattutto con le carni arrostite.
Pur con arricchimenti e varianti, il termine insalata ha quindi significato un piatto composto solo da erbe e verdure a foglia verde e cruda, fino all’inizio del secolo XVII quando, uscite dalla nostra penisola, arrivano in Francia come piatto raffinato sulle tavole di corte.
Dapprima servite esclusivamente come contorno all’arrosto, trovarono qui la loro seconda patria conoscendo ulteriori sviluppi, non solo perché l’arte culinaria in Francia era più sviluppata, ma anche perché il clima francese, essendo più freddo di quello italiano, favoriva un fogliame più generoso in tutte le piante a vocazione insalatara. Sono proprio i francesi ad aggiungere la lattuga, diffondendone l’usanza in tutti i paesi europei, tant’è che la pianta riceve il nome del piatto da essa preparato.
Devono passare ancora molti decenni perché nelle insalate finiscano cetrioli crudi, asparagi e carciofi, accettati in quanto piante dal colore verde (il colore-simbolo della insalata) e solo a cavallo dei secoli XVIII e XIX, quando nelle insalate cominciarono ad essere introdotte non solo verdure dal colore non-verde, ma persino tuberi crudi (carote, barbabietole, patate, navone), che i cuochi precedentemente non osavano immettere poiché provenendo “dal sottosuolo” erano considerati sporchi.
Mentre le insalate vere e proprie continuano ad essere preparate solo da foglie di verdure verdi, fresche e crude, cominciano ora ad apparire (e qui siamo alla svolta epocale) un altro tipo di insalate (che definiremo insalate–vinaigrette), composte anche da verdure cotte spezzettate.
E’ proprio questa nuova composizione che spinge a ricercare condimenti sempre più complicati e diversi, fra cui alcune salse fredde (e soprattutto la maionese), poiché le insalate di tuberi e verdure non-verdi, essendo “meno delicate” chiedevano un condimento più piccante, il cui scopo principale era di mascherare “il sapore di terra”, vero o presunto, dei tuberi e giudicato insolito ed irritante dai buongustai del tempo.
L'insalata russa Olivie
Gianguido Breddo ci racconta
i segreti dell'insalata russa
Così cominciano ad essere introdotte verdure salate-marinate, quali crauti, cetrioli e cavolo, oltre a capperi ed olive, mentre in Germania e Russia, mancando quest’ultimi due, funghi e aringa marinati.
Ecco quindi delineato il percorso che dal piatto di verdura verde e cruda, fa derivare un nuovo piatto misto, che comunque ne conserva il nome. Per distinguere le insalate vere e proprie (che continuano ad essere l’accompagnamento principale degli arrosti) dalle insalate-antipasti, fatte da verdure cotte, pesci, carni, selvaggina, uova e funghi, nella cucina francese si applica una regola rigorosa, benché non scritta, di chiamare le insalate-antipasti non secondo la composizione (come si faceva con le insalate vere: di cetrioli, di lattuga ecc.), ma con in nome del posto di nascita, o della nazione.
Appaiono così l’insalata alla polacca, l’insalata alla russa, l’insalata all’italiana ecc.
La stessa regola era accettata dall’alta cucina di ogni singolo paese, dove le insalate di carne, di pesce o di granchio ricevettero i nomi “della Capitale”, “di Mosca”, “di Sofia” eccetera mentre come detto, le insalate fatte da verdure fresche continuarono ad essere indicate a secondo della loro composizione: “con pomodoro e cipolla”, “con cetrioli, pomodori e panna acida” ecc.
Queste ultime nei tempi passati, in Russia, non hanno mai trovato estimatori, e non solo per la scarsa e limitata disponibilità di materia prima, tant’e’ che l’atteggiamento popolare verso esse era: “erba! insalata non fa’ un pasto. Non ti sazi con una foglia”.
Avendo conquistato nel secolo XX la tavola di massa in tutti i paesi dell’Europa e America, le insalate cominciarono, per così dire, un altro “giro” del loro sviluppo, acquisendo in certi paesi le particolarità nazionali.
E’ proprio all’inizio di quel secolo che anche in Russia furono create insalate sulla base di preparazioni tipiche nazionali: funghi e cetrioli in salamoia, cavolo e crauti, mescolati con cipolla e conditi con olio di semi di girasole, aceto e pepe.
Tanto è invalso questo modo di preparare che se andiamo a consultare un dizionario moderno di lingua russa, il concetto “insalata” viene indicato come un piatto composto da pezzetti freddi di verdure, carni, pesci, uova, funghi, frutta. Il piatto ha, dunque, due particolarità: freddo e fatto da pezzetti.
Il concetto russo odierno di insalata è quindi di un piatto misto, di preparazione semplice e veloce, per il quale ci si può ormai sbizzarrire in infinite varianti (dipende da cosa offre la fantasia ed il frigorifero) e soprattutto che si può preparare in anticipo, cosa questa indubbiamente utile nella preparazione del pranzo della festa.
Ma torniamo alla nostra insalata russa, piatto universalmente conosciuto di nome ed un po’ meno di fatto. Dico questo perché recentemente ho avuto la sfortuna di assistere ad un programma televisivo dove un “famoso” cuoco ammanniva la sua versione dell’insalata russa, infarcendola di componenti che non fanno parte della tradizione culinaria russa: ma per carità, faccia quello che vuole, ma abbia il buon gusto di attenersi alla regola francese e la chiami... insalata alla Baschi!



4. Ravioli? Ma no, son pelmeni... a cura di Gianguido Breddo

I mitici pelmeni russi
Un buon piatto di pelmeni non si rifiuta mai,
i pelmeni sono la variante russa dei nostri tortellini
Ogni popolo si distingue dagli altri per il proprio modo di vivere, per le caratteristiche somatiche, per i propri usi, costumi, tradizioni e per la propria cucina.

Ma vi sono piatti che, con qualche variante locale, si possono definire universali per la loro diffusione in culture diversissime, quali, appunto, i pelmeni (ravioli farciti). Ma al di là dei paralleli culinari, che vedremo più avanti, vale la pena di soffermarsi sull’origine e sulla storia di questo piatto così giustamente famoso.
 
Le popolazioni siberiane, dai loro sconfinati territori, hanno sempre tratto quantità di selvaggina, funghi, bacche ed erbe salutari, che cucinate adeguatamente e soprattutto conservate con maestria, dovevano garantire provviste alimentari e vitaminiche per tutto il lungo inverno. Ecco quindi che sono entrate a far parte della cucina russa ricette particolari, create appunto da queste popolazioni, come i pelmeni che venivano fatti dalle massaie in grandi quantità e conservati sotto la neve della Siberia, e che spesso accompagnavano i viaggiatori nei lunghi viaggi attraverso la steppa ghiacciata.
 
La parola pelmeni proviene dalla lingua komi-permiak, uno dei popoli ugro-finnici che abitavano la Russia settentrionale, e significa “orecchi di pasta”. Questo piatto, dalla regione degli Urali, era già stato assimilato dalla cucina russa nella fine del XIV secolo, ma diventò particolarmente diffuso all’inizio della colonizzazione delle terre transuraliche. I pelmeni, le cui origini sono quindi sono antichissime e di probabile derivazione dai rituali di popoli del Nord-Est della Russia (permiaki, komi, udmurty, nonché dei tartari della Siberia) erano conosciuti da altri popoli ugro-finnici, anche se sotto altri nomi.
 
I mitici pelmeni russi
Una moderna forma per preparare i pelmeni
in modo più veloce e preciso
E’ assai probabile che l’uso di questo piatto sia arrivato nell’antico Ural dai paesi dell’estremo oriente, dalla Cina (vedi i tradizionali ravioli cinesi) o dagli antichi stati dell’Asia Centrale, ma si sviluppò e ottenne il riconoscimento internazionale sotto il suo nome uralico. Da qui in poi i pelmeni sono serviti di base per la creazione di piatti simili nella cucina di diverse popolazioni vicine, ma con altri nomi, con altra composizione della farcitura, altre misure e forma, come, per esempio, i “kundiumy” russi, “diuspara’” di Iran e Azerbaidgian, “koltunai” lettoni, “manty” uzbeki, “boraki” armeni, “podkogyglio” di Mari-El, “vareniki” ukrainiani, “balyk-berek” turkmeni di Ogurdgiala. Ma veniamo agli aspetti più propriamente culinari: i pelmeni “a regola d’arte” sono farciti con una mescola di tre tipi di carne macinata: vitello (45%), agnello (35%) e maiale (20%). La pasta per pelmeni è il solito impasto alla casalinga, farina acqua e sale (ma senza le uova come si usa in Italia). La farcitura, oltre alle carni macinate, contiene cipolla sminuzzata, un po’ di erbe tritate (ortica, prezzemolo ecc., dipende dalla stagione), pepe, un pizzico di farina (per renderla più collosa) e un po’ di brodo di carne, per inumidirla al punto giusto.

I pelmeni diventano particolarmente buoni se congelati subito dopo la preparazione, ricalcando il procedimento originale (e tuttora ovviamente usatissimo) della Siberia. La congelazione migliora l’organolettica dell’impasto: ecco perché la migliore specie di pelmeni si chiama “siberiani”. Dunque, “pelmeni siberiani” o “uralici” sono pelmeni previamente congelati, il cui nome non dipende da qualche farcitura speciale, come comunemente si pensa. I veri pelmeni devono avere un bordo largo intorno alla farcitura, la quale deve essere libera nel vano di pasta con assai spazio vuoto, perché altrimenti durante la cottura l’involucro scoppia.
 
Perciò i pelmeni di produzione industriale, o fatti in casa usando l’apposito attrezzo, non aventi queste caratteristiche, non saranno così buoni come quelli preparati nel modo tradizionale. I pelmeni vanno cotti fino alla cottura completa della pasta, perciò la robustezza della giunta del bordo di pasta è importantissima per la buona riuscita del piatto: a tal scopo, prima di attaccare i bordi della pasta insieme, questi vanno bagnati con acqua fredda. Durante la cottura, che va assolutamente fatta nel brodo di carne e mai nell’acqua salata e basta, i pelmeni devono salire a galla due volte, dopo di che sono pronti. E’ tradizione servirli nella tradizionale scodella in coccio (garsciocik), con un po’ del loro brodo, un cucchiaio di panna acida (smetana) e, volendo, una spolverata di prezzemolo e aneto (ukrop) tagliati finissimi.



5. Ukha e le zuppe di pesce a cura di Gianguido Breddo

L'ukha di perca
E' spettacolare l'ukha di perca 
durante le fredde giornate invernali
Ricetta (per 4 persone)

- 800 gr. di pesce perca (sudak);
- 600 gr. di patate;
- 350 gr. di pomodori ben maturi;
- 2 cucchiai di burro;
- 1 cipolla;
- 1 foglia di alloro;
- 10 grani di pepe nero;
- qualche foglia di sedano;
- 1 mazzetto di prezzemolo;
- 3 cucchiai di aneto (ukrop) e prezzemolo tritati finissimi;
- sale.

Preparazione
Vuotate e pulite il pesce perca sfilettandolo e avendo cura di mettere da parte le teste, le lische e la pelle.  Ponete teste, lische e pelle in una pentola con 1,5 lt. di acqua salata e fate bollire a fuoco medio per 30 min. Filtrate, gettando gli avanzi di pesce, e ponete nel brodo le patate tagliate a dadini, la cipolla tagliata sottile, il mazzetto di prezzemolo, le foglie di sedano. Fate bollire per 20 min. circa, fino a che le patate non saranno quasi cotte. Aggiungete i filetti di pesce perca (sudak), i pomodori tagliati a tocchetti, la foglia di alloro, i grani di pepe e terminare la cottura a fuoco lento per altri 10 minuti. Estrarre il mazzetto di prezzemolo, aggiungere il burro e servire nei piatti, avendo cura di posizionare un pezzo di pesce ricoperto con il brodo. Spolverare infine con la miscela di aneto (ukrop) e prezzemolo tritati finissimi.
 
Cosa bere insieme?
Davanti alla consueta battuta: “cosa si mangia oggi... ukha o zuppa di pesce?” rispondiamo sempre “ukha”, perché questo piatto va obbligatoriamente accompagnato dalla vodka, al contrario della “zuppa di pesce”!

Le zuppe di pesce, fra storia e tradizione
Se gli italiani sono i focosi amanti della pastasciutta, i russi sono sicuramente i teneri amanti delle zuppe. Ecco quindi che non possiamo continuare la nostra carrellata sui principi della cucina russa, senza fermare la nostra attenzione su questo piatto tradizionalissimo e proposto in centinaia di varianti.
L'ukha di pesce
Tradizione vuole che questa zuppa 
debba sempre essere accompagnata dalla vodka
Miseria e nobiltà della cucina russa
, le zuppe in generale e la zuppa di pesce “ukha” in particolare, vantano spesso storie suggestive che affondano le loro radici nelle leggende. La presenza di grandi fiumi e laghi ha da sempre portato ad un grande utilizzo di innumerevoli varietà di pesci nell'alimentazione, che venivano utilizzati per preparare sia antipasti, che zuppe, che piatto principale (gariaci).
Va comunque notato che nei tempi antichi e fino al 18 secolo, ogni tipo di zuppa si chiamava “ukha”. Così nei libri tradizionali della storia della cucina russa si menzionano l’ukha di funghi, di pollo, di lepre, di pesce (ma specificando denominazione e ricetta per ogni singolo tipo di pesce), oppure l’ukha bianca con cipolla, gialla con zafferano, nera con pepe e garofano. Tradizione voleva che fra le diverse portate di ukha (меж ух ...), si servissero in tavola i pasticci (piroghi), le frittelle (bliny) ecc... Solo recentemente è invalso l’uso di definire come “ukha” solo i primi piatti di pesce, preparati con il brodo di pesce.
Attenzione: se oltre al pesce (ed alle verdure che poi vedremo in dettaglio) si aggiungeranno dei cereali, cavolo, barbabietola, o della pasta, allora il nostro piatto non si potrà più chiamare “ukha”, ma gli sarà dato il nome di brodaglia (pokhlebka) o di zuppa di pesce. Come già sopra detto, le varianti alla ricetta base sono moltissime e si discostano soprattutto per il pesce utilizzato, raggiungendo risultati eccellenti con l’impiego di qualità pregiate come lo asterlino (sterladz).
Qui di seguito vi proporrò una delle ricette tradizionali, come si prepara abitualmente nelle famiglie, e che è alla portata di qualunque aspirante cuoco. Seguite la ricetta, il risultato è garantito e potrete stupire i vostri ospiti!


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